Oggi sono due mesi che mio padre è morto. Ogni giorno mi sembra sempre più evidente che non lo rivedrò più, nè ci parlerò, nè lo abbraccerò. Mai più.
E' una forma di consapevolezza che si fa largo nei giorni, dopo una prima fase iniziale in cui ho vissuto in una specie di "bolla traumatica". Quella sorta di funzione protettiva che ti anestetizza e ti permette di rimanere abbastanza vigile e forte nei momenti di grande sofferenza, come le ultime settimane vissute acconto a mio padre, i giorni finali, il momento in cui la vita è uscita da lui.
Come si può rimanere sereni mentre tuo padre esala l'ultimo respiro e chiude gli occhi davanti a te se non si è in una bolla anestetica? Non è possibile.
Grazie a questa bolla ho potuto sussurrare parole di gratitudine e coraggio al suo orecchio negli ultimi secondi di vita. Non so se mi ha sentito perchè, a causa della febbre alta e dei farmaci, era (forse totalmente) incosciente da almeno due giorni. Ma credo che la mia, la nostra (di mia madre e mia sorella) presenza amorevole l'abbia sentita e la senta anche ora.
Ora, ora è più difficile, ora la ferita si fa sentire e urla, e geme, e fa tremare il cuore e il corpo.
Nel momento in cui mio padre ha lasciato il corpo ho avuto la confortante e ferma sensazione che il suo spirito vitale uscisse da lui per andare altrove, svolazzando prima in mezzo a noi. Nei giorni successivi, fino al funerale e oltre, tra parenti e condoglianze, era come se dentro di me s'infrangesse continuamente la stessa onda di dolcezza e amore che ho sentito un attimo dopo la sua morte, quando ho visto il suo volto diventare sereno, cessata la sofferenza fisica e psicologica.
In quei giorni l'ho ringraziato tanto perchè per la prima volta, davvero, io ho vissuto la certezza che la vita non svanisce, ma si sposta e si trasforma. Teoricamente già lo credevo, ma sentirla è un'altra cosa.
Ora è un'altra fase, quell'amore, quella dolcezza, quella forza e quella consapevolezza c'è ancora.
Ma adesso si fanno i conti con i giorni che passano e si ammucchiano, senza di lui, senza l'unica versione di lui che abbiamo sperimentato.
Io so che lui è in viaggio, in un cammino a tratti difficile, verso ciò che sarà la sua dimora per un po', fino ad un nuovo inizio.
E sto cercando di accompagnarlo, ancora un volta, verso un'altra soglia, tra un pianto e l'altro, tra una preghiera e un mantra. Mano nella mano, ancora, insieme. Non so di preciso dove sta andando, ma sono certa che tutta la luce che sta entrando nei suoi occhioni sta arrivando anche un po' a me, a noi. Sarà proprio lui a guidarci da là.
Noi aiutiamo te babbo e tu aiuti noi, come è sempre stato, così sarà sempre.
Grazie padre mio, ti amiamo tanto
tua figlia Miriam
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