In certi occhi non puoi starci dentro più di un istante, alla volta.
Cioè, tu ci provi a guardarlo negli occhi quando gli parli, o quando lui ti parla, ma resisti solo un attimo. Poi, guardi altrove, per esempio la porta, o le nuvole, se sei fuori.
E poi, via, ritenti: li riguardi quei due occhi, perchè, perdio, un segnale di attenzione lo devi pur dare.
E non ci provi nemmeno a spiegargli che non lo guardi negli occhi perchè se no è la fine.
Nel migliore dei casi, lui non lo sa, e allora puoi gestire "il gioco", concederti tempo (per cosa poi non si sa!).
Ma spesso lui lo sa, e allora quell'istante concesso è la fessura in cui gli occhi s'insinuano. Vi entrano per non uscirne più.
Non sai come sia possibile, ma dai suoi occhi escono delle braccia che ti gettano nel fondo di loro stessi. Guardarli è come cadere dentro a un pozzo con la voce intrappolata nella gola.
Non sai come sia possibile, ma dai suoi occhi escono delle braccia che ti gettano nel fondo di loro stessi. Guardarli è come cadere dentro a un pozzo con la voce intrappolata nella gola.
Comunque, niente da fare, anche centellinando gli istanti, a certi occhi non si scappa.
Catapultati dentro al labirinto, abbiamo solo una scelta: restarci se ci stiamo bene, cercare l'uscita se ci stiamo male.
E se l'uscita non si trova? ...Un po' come la storia del tunnel: se non ne esci, arredalo.
Catapultati dentro al labirinto, abbiamo solo una scelta: restarci se ci stiamo bene, cercare l'uscita se ci stiamo male.
E se l'uscita non si trova? ...Un po' come la storia del tunnel: se non ne esci, arredalo.
La fregata è che certi labirinti li abbiamo già esplorati, ma chissà perchè rimangono sempre tali.
Voglio comunque pensar positivo: ogni fregata contiene un insegnamento, per esempio mettersi in viaggio verso un paio di occhi nuovi!
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