"I fornitori dei veleni hanno interrotto le consegne"... "ha dovuto accelerare le pratiche per smaltire gli arretrati"... Non si sta parlando di veleni per topi o per disinfestare le vie residenziali dalle zanzare.. no... si sta parlando di veleni per persone e gli arretrati sono le persone da uccidere... e tutto questo non è riferito a un feroce killer che avvelena la gente ma allo Stato-popolo che "fa giustizia". Ci troviamo all'interno dell'infiammato tema della pena di morte, tornato allo ribalta "grazie" ai 43 minuti di agonia che ha vissuto l'ultimo "cattivo" messo fuori uso dalla "giustizia" dell'Oklahoma. Il problema è classicamente aziendale: il vecchio fornitore di veleni non fornisce più i veleni e il consumatore si è dovuto arrangiare con altri veleni che però sono risultati meno "buoni".
Dunque, all'ora del dunque, Clyton Lockett è stato "sistemato" secondo le solite confortevoli procedure: sdraiato sul lettino, attorniato da persone con rassicuranti camici e dal medico - professione deputata al salvataggio di vite - che dà l'ok all'iniezione porta-morte. Questa volta però la morte ha fatto rumore, la vita si è svegliata e ha urlato che non era d'accordo! Pochi minuti dopo l'inizio della procedura, l'uomo ha aperto gli occhi e ha cercato di alzarsi. Ne è sorto uno spettacolo fuori-copione ed è stata tirata la tendina per proteggere gli spettatori. Insomma la sofferenza e la morte erano troppo vere. l'uomo è morto d'infarto dopo circa 40 minuti.
Qualcosa è andato storto e la Casa Bianca ha definito "disumana" l'esecuzione.
A quanto pare, sono umane tutte le altre esecuzioni, pùrchè silenziose e veloci. E va tutto bene, tranne quando qualcosa non va bene, allora si ricomincia a chiedersi: ma siamo sicuri che va tutto bene? Anche questa volta il popolo americano se lo chiede, e chissà se sarà l'ennesimo polverone finente in nulla. Nonostante sia stato più volte detto che la pena capitale non aumenti la sicurezza, la gamma degli strumenti di morte che i vari stati americani mettono in vetrina è assai variegata. C'è l'imbarazzo della scelta: la discreta iniezione letale, la frizzante sedia elettrica, l'impiccagione da far west, la camera a gas di nazista memoria e infine l'adrenalinico plotone d'esecuzione.
Poi, ogni tanto, qualcosa va storto e s'inizia a mettere in dubbio l'utilità e - soprattutto!! - l'umanità di un simil metodo per "correggere" la società. L'occhio per occhio e il dente per dente, la sete di vendetta e l'annullamento alla base di questa cosa chiamata giustizia: ci sono ancora tanti americani (e non solo, nel mondo la pena capitale è presente in tanti Paesi e anche da noi c'è chi la vorrebbe) convinti che ciò sia la soluzione alla violenza ma è un numero decisamente in diminuzione (nel 1994 gli americani a favore erano l'80%, ora il 60%)... qualcosa sta cambiano, anche in questo versante... le persone iniziano a capire che la vita non è bianca o nera, che le soluzioni più "lineari" non sono sempre le migliori e soprattutto non rendono migliori chi le mette in pratica. Forse hanno iniziato a sentirsi un po' di più e si sono accorti che in fondo saper che è stato ucciso un uomo - sebbene fosse un assassino - non li fa poi sentire così meglio. E, come spesso accade, mentre la gente cerca di svegliarsi, il sistema stringe la morsa: nel 2013 le esecuzioni sono state 39, nel 2014, in quattro mesi, sono già 20.
Ci sono mondi dietro alla sofferenza e alla violenza, inflitta e autoinflitta, e si alimentano a vicenda, soprattutto grazie alla benzina della sete di vendetta che non calma i cuori: li fa scoppiare, o al massimo li anestetizza. Io sono certa che nemmeno chi è favore della pena capitale, chi la mette in pratica, chi la auspica per l'assassino di un proprio caro, è davvero convinto che sia giusta. Nel loro cuore questa cosa non la sentono, perchè non c'è, non può esserci. Il sollievo dato dalla "giustizia della vendetta" è fasullo e passeggero, se ne va lasciando scoperto il dolore della perdita... ma non si allontana più di tanto.. rimane visibile come una colpa nera che aggiunge dolore a dolore.
E' vero che il dolore fa crescere, è evolutivo... ma siamo liberi di cercare altri modi.

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