L'immagine di me bambina, forse in prima elementare, nel cortile della scuola: accovacciata sul prato col grembiulino rosa, con una foglia secca mi copro metà faccia, e nell'altra metà spunta un mio dito nel naso. Devo avere questa foto da qualche parte e non ricordo chi me la scattò, ma so che ogni tanto mi torna in mente. Assolutamente avulsa dal contesto di gioco di quel momento, come spazzata via da una forza centrifuga in azione fuori e dentro di me... da un lato mi nascondo con la complicità di una splendida natura morta ma ancora viva, e dall'altra cerco chissà cosa nel mio naso. Insomma, già all'epoca ero molto più rivolta ai mondi dentro di me e a quelli altrove, piuttosto che a quello in cui tenevo appoggiate le gambe, accovacciata per non cadere o non volare via.
Credo di essere ancora lì, sospesa tra il dito nel naso e la foglia che mi nasconde. Ero pallida e magra (ebbene sì, sono stata bambina e adolescente magra!), e non ero di certo tra quelle al centro dell'attenzione, mentre avevo tutto un mondo dentro di me che non capiva quello fuori di cui non mi sentivo assolutamente parte. Col tempo, forse senza saperlo, ho attivato diverse strategie di adattamento, come l'uso dell'ironia, cosa che mi ha tolto dall'isolamento, attirando amicizie e alcuni momenti di popolarità goliardica. Ancora oggi, anche ora, mentre scrivo, non riesco a non farne uso. Credo che sia un po' come la foglia che mi mettevo davanti al viso, una sorta di scudo, o di filtro, attraverso cui vedere il mondo e a modo mio, raccontarlo. Prima di tutto a me stessa, della serie "Miriam non temere, in fondo tutto questo fa ridere, vai oltre"... Ma dove? Non c'è un oltre che sia veramente una meta, e ovunque io arrivi, alla fine, la mia mossa è sempre la stessa: mi accovaccio, tiro su la foglia e infilo il dito nel naso.
Mai completamente dentro le cose, desiderosa di farne parte, ma senza sceglierle mai veramente. Sono sempre quella bambina, fuori dal gioco, in un angolo a scaccolarsi con la foglia davanti alla faccia.
Ma lo sguardo è dritto nell'obiettivo, guarda di fronte a sé, osserva, interpreta, usa tutto quello che vede per costruire viaggi a cui, a tratti, qualcuno si unisce, per poi scomparire nel proprio. L'occhio non nascosto dalla foglia è bene aperto e ha qualcosa di forte, di sicuro, e forse è per questo che quell'immagine è così presente dentro di me, per quello sguardo. Che è il mio, che sono io.
P.s. E tu hai qualche tipo di foglia o frutto davanti al volto? o sono l'unica fuori come un balcone?

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