Sto pensando al valore della prossimità, dei luoghi e delle persone che ogni giorno incontri nel tuo quotidiano, che può essere più o meno roseo. Il bar dove la brioche è super buona, quello che ha il caffè migliore, l'altro che ha il giardino dove ti metti a sedere come stare in vacanza, e in tutti c'è uno scambio semplice ma immancabile, ogni benedetta volta. I sorrisi, le chiacchiere, le battute, con il barista, gli avventori di sempre, che a volte saluti solo con un cenno e altre ti ci siedi insieme… così, come viene. Persone che frequenti per anni senza nemmeno rendertene conto, in pratica, spesso ci cresci insieme, caffè dopo caffè. A volte qualcuno se ne va, e allora anche quell'addio è qualcosa di leggero, di sognante, come tutto il tempo trascorso insieme. Un tempo fuori dal tempo, quasi sospeso, che nel tempo, ha contato.
A queste persone, quando se ne vanno (per posti migliori o peggiori, o per sempre) si rivolgono i nostri migliori saluti, senza nessun pesante attaccamento o qualsivoglia pretesa: è un ciao vero, è un ciao e basta. Negli anni esse diventano un mosaico colorato che fa da sfondo alla vita, su cui si svolgono le cose importanti: il lavoro, gli amori, le grandi scelte, gli sbagli colossali, le grosse sofferenze.
E loro, e quei pochi e piccoli gesti quotidiani condivisi, sempre gli stessi, con poche variazioni emotive per lo più, sono come il motore acceso dell'auto.
Tu sei lì dentro, fermo, senti il vibrare del motore, non parti. Pensi, anzi, a volte, sei come paralizzato dal flusso degli eventi (reali o mentali), ma senti che sotto di te il motore è acceso, lo dai per scontato. Sai che non soccomberai definitivamente, perché appena troverai la forza di spingere il pedale, la macchina si muoverà e andrà dove deve andare.
Ecco, c'è tutta una rete di persone, luoghi, situazioni, che letteralmente ogni giorno ti garantisce una base minima di umanità, e la base è fondamentale per ogni cosa. Tu sei parte di ciò senza che te ne accorgi, e il tuo ruolo è attivo a tutti gli effetti, senza saperlo. Chi sei? Quello che un sorriso ci scappa sempre, quello che quando entra in un bar fa drizzare i capelli al barista, o quello che proprio al bar non ci va, perché tanto ha già tutto a casa e la gente è brutta?
In realtà non puoi saperlo, nessuno sa nulla o cerca di sapere, semplicemente tutto avviene, ogni giorno.
Questa è la storia di una pecora coraggiosa. Cosa ha fatto di così eroico questa pecora per essere definita coraggiosa? Ha per caso saltato un burrone a piedi pari? Ha combattuto contro un branco di lupi uscendone vincitrice? Ha salvato un intero gregge da terribili macellatori? No, niente di tutto questo, la pecora di cui vi parlo, ha semplicemente deciso di rimanere bianca, mentre tutto il mondo diventava nero. Insomma, c'era una volta una pecora bianca e, in quanto bianca, non aveva vita facile. Erano passati i tempi in cui si diceva “quello è la pecora nera della famiglia”, arrivato il XXI secolo la parola d'ordine era “Esci dal gregge, vai contro corrente, non fare quello che ti hanno sempre detto di fare!”. Ottimi consigli certo, un po' di sana trasgressione fa sempre bene, così come vanno sempre accettate di buon grado gli inviti a ragionar con la propria testa, ma in quel periodo tutto questo era stato preso alla lettera. Fino al punto che un giorno una...
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