Ci si presenta come marginale, secondaria.
Ci appare come qualcosa "in più", che se c'è ci piace ma che può anche non esserci.
E' la tenerezza.
Non la pensiamo mai, nemmeno la cerchiamo, non la programmiamo, non è nei piani. Però la tenerezza arriva, inatteso prezioso dono. Ci vuole tempo, e dolore, e vuoti, per capire la sua utilità.
Non solo la sua funzione di sollievo, di consolazione, ma il suo ruolo in quanto fondamenta di tutto ciò che di buono c'è nel mondo.
La tenerezza non è un optional, un'aggiunta a una persona, a una situazione. E' uno modo d'essere che, spesso, non appartiene al nostro, al modo-mondo umano.
Se non da bambini, o di fronti ad essi. Sovente ci arriva dalla natura, dagli animali.
Ecco, se ce la siamo dimenticata, se abbiamo perso la capacità di riconoscerla, gli animali ce la possono riportare.
Un gattino che ci guarda da dietro a un fiore, che fa le fusa sulla nostra mano.
Un cane che scodinzola con gli occhioni puntati su di noi.
Un pettirosso che gonfia il petto sotto la neve.
Ecco che ci ritorna in mente quella funzione fondamentale della vita: la tenerezza.
E da quel momento farà ancora parte di noi, delle nostre giornate, dei giorni cupi e luminosi.
Sarà una nuova (ma antica) fetta della nostra coscienza che forma quella torta che è la festa della vita.
Mangiamocela tutta, e insieme.
Miriam

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