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Mutilazioni genitali femminili e il lungo cammino della donna

Oggi, 6 febbraio, è la giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili. Purtroppo riesco solo ora a scrivere il post che mi ero prefissata, quando ormai la giornata volge al termine... ad ogni modo, credo che quella di cui si parla oggi sia un'"emergenza" senza tempo, valida sempre, e che quindi chi questo post sarà valido anche domani... purtroppo.

Esercitata in molte parti del mondo, questo tipo di mutilazione - che può essere parziale o totale - affonda le sue radici in uno strato indefinito di tradizioni culturali e sociali che, in definitiva, sono il frutto della discriminazione verso la donna e tutto il suo mondo.
Un mondo di amore, un mondo che origina la vita, eppure così bersagliato.
Spesso le donne che subiscono questa pratica sono bambine, bambine a cui viene marchiata la vita, per sempre.
Il momento della mutilazione è doloroso e traumatico, perchè spesso avviene senza anestesie e adeguato igiene. E' una pratica che può provocare danni alla salute, che può causare la morte durante il parto e priva le donne del piacere sessuale. A tutto questo si aggiungono le ferite psicologiche ed emotive che queste creature portano su di sé per tutta la vita
Perchè? E' la domanda che viene spontaneo porsi.

Per rispondere a questa domanda con certezza bisognerebbe essere nella testa di chi pratica questa mutilazione, e poi, forse, non basterebbe.. nessun perchè potrebbe rispondere adeguatamente. Quello che si sa è che, secondo la tradizione di alcuni paesi africani, asiatici e arabi, la mutilazione degli organi genitali femminili serve a mantenere illibata la donna fino al matrimonio. E comunque, anche dopo il matrimonio, durante i rapporti sessuali con il coniuge, la donna non potrà provare piacere sessuale. Non di rado, l'infibulazione viene praticata a bambine di 4 o 5 anni o poco più e le ragazze che non hanno subito questa operazione vengono considerate impure.. e anche loro, non di rado, si sentono tali!
Ecco come "castrare" letteralmente un essere umano, e non solo di una parte del suo fisico. In quel momento, non ne dubitiamo, se ne va via anche una parte del cuore di queste piccole donne, consegnate ad una pratica disumana.

In questi ultimi anni la sensibilizzazione contro le mutilazioni femminili si sta sempre più diffondendo, anche nei luoghi in cui viene praticata, ma sono ancora tante le donne che la subiscono. Ci sono casi anche in Europa e in Italia, soprattutto come frutto dell'immigrazione.
Questo è un motivo in più per parlarne, per diffondere le informazioni sulle mutilazione, per urlare al mondo che una donna non deve subire un orrore del genere. Proprio ora, che molte donne che l'hanno subita sono qui tra noi, nelle nostre città, è il momento di parlarne apertamente, affinchè, pur nel dolore, esse sappiano che hanno subito una tortura ingiusta e inutile. La maggior parte di loro avrà già coscienza della ferita che portano dentro ma forse non tutte. Probabilmente c'è ancora chi pensa di aver subito il "giusto" trattamento in quanto donna, e, quando sente un dolore forte in fondo al cuore si chiede perchè e magari si sente pure in colpa. E' il caso di dirlo, di far sapere a queste donne che il loro dolore è legittimo, in quanto vittime di una barbara violenza. Perchè di questo si tratta, di una violenza e basta.
Che le loro lacrime siano vere, siano quello che sono: il frutto di un dolore che ha tutto il diritto di essere sentito. Che almeno si sentano libere di respirare la loro sofferenza. E che attraverso di essa trovino il coraggio di predicare la cessazione di questa pratica alle loro sorelle e alle loro figlie, agli uomini della loro famiglia e a tutti coloro che ancora sono convinti di fare il bene della società mutilando le sue donne.

Sappiamo che non è facile, che in certe situazioni e in certi paesi, la donna non può proferire parola contro queste orrende consuetudini, pena altre violenze o addirittura la morte. Ma in certi luoghi le cose stanno cambiando, qualche spiraglio di luce in cui diffondere informazione e sensibilizzazione si è aperto. Non mancano infatti le donne in prima linea contro questa pratica, da loro stesse subita quando erano piccoline, come la scrittrice Ayaan Hirsi Ali, somala naturalizzata olandese, che fu infibulata quando aveva 5 anni, insieme alla sorella di 4.

Detto questo, però, vorrei aggiungere un'altra cosa: che la condanna di queste pratiche non sia la "scusa" per accanirsi contro un popolo o un Paese. Non capita di rado infatti di sentire o leggere parole di sostegno alle vittime delle mutilazioni, accompagnate da insulti al loro popolo di appartenenza. La via di liberazione dalla violenza a favore di queste donne non dev'essere la via dell'odio verso la popolazione da cui provengono. Non possiamo addentrarci in giudizi primi di rispetto verso altri popoli. Ogni persona, e così ogni popolo, ha il suo cammino di evoluzione. In quanto fratelli che condividono la stessa terra, abbiamo il "dovere" di sostenerci e aiutarci a vicenda. Così non possiamo voltarci dall'altra parte nel momento in cui veniamo a conoscenza di una simile sofferenza, ma nemmeno salire su un piedistallo e additare un popolo come malvagio o inferiore. L'informazione e la sensibilizzazione verso le forme di violenza e di mancanza di rispetto verso la vita, vanno diffuse e sostenute, ma con lo stesso rispetto che si vuole predicare. Sarebbe auspicabile, sempre, una sospensione del giudizio.
Il giudizio non serve, lo scambio di informazioni e di amore si, sempre.

E non dimentichiamo che anche la "civile" Europa o la "moderna" America hanno non pochi nei in fatto di rispetto umano, per non parlare di come ancora oggi viene "trattato" l'universo femminile. L'infibulazione non è l'unico modo per aggredire la vita di una donna, perchè purtroppo esistono svariati tipi di violenza - fisica e non solo - che persistono in tutto il mondo. A volte ho l'impressione che il cosiddetto progresso porti con se nuove forme di violenza, sempre più sottili ma che provocano ugualmente ferite profonde. La donna subisce e lotta da millenni per "avere-essere" ciò che gli uomini sentono di possedere di diritto. Suona come un'accusa al mondo maschile? Può essere... Non voglio dire che gli uomini sono cattivi ma che, inconsapevolmente (non sempre!), continuano a coltivare un sè un senso di superiorità... e che la donna, inconsapevolmente (ma non sempre!), glielo faccia fare, un po' per rassegnazione, un po' perchè non ha ancora capito il suo grande potere. E infondo vale anche per gli uomini. Se tutti fossimo consapevoli del grande potere di noi esseri umani, della portata reale della "magia" della nostra interiorità, non ricorreremmo a espedienti fisici per predominare gli uni sugli altri.
Ma infondo è a questo che punta il cammino umano: raggiungere la consapevolezza di chi realmente siamo, e cioè esseri infiniti e illimitati.
Nel frattempo, in attesa di questo grande momento, a piccoli passi non passiamo far altro che lavorare affinchè le nostre azioni siano sempre pià atti di amore e non di violenza e paura.


Per chi volesse saperne di più c'è il sito "non c'è pace senza giustizia" che dedica ampio spazio all'argomento: http://www.npwj.org/it

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