Grazie perchè ora so che quello che sentivo era vero!
Ricordo nettamente tanti momenti in cui ho pensato che non poteva essere tutto qui.
L'uomo nasce, se fortunato in un paese ricco e in pace, sempre se fortunato cresce in una brava famiglia, va a scuola, impara un mestiere, si sposa, fa figli, va in pensione, muore. Ecco la vita perfetta! Perchè non è questa? Vogliamo esagerare: infiliamoci tanti soldi, diversi hobby e viaggi, e magari un po' di volontariato. La vita perfetta di un uomo che non deve chiedere nulla!
Ricordo distintamente me stessa, già da ragazzina, che pensavo tra me e me: davvero la vita è tutta qui? Non avevo solo il diffuso e "naturale" timore della morte e quindi la speranza che dopo ci sia qualcosa... ma mi chiedevo davvero se il "perchè" della vita ci fosse.. Cioè, perchè siamo al mondo? Io sono venuta al mondo per fare la ragioniera, fidanzarmi e crescere figli e nipoti fino alla morte? Tutte cose belle, per carità, ma sentivo che mi sfuggiva qualcosa, e guardandomi attorno, capivo che sfuggiva a molti. Sentivo anche che non poteva essere come mi dicevano in chiesa, sintetizzando: la vita terrena serve per accedere alla gloriosa vita celeste, come se ci fosse una divisione netta.. e sempre l'ombra del giudizio divino sulla testa.
Poi, è successo che il mio percorso non è stato per niente "alla moda": tante scuole diverse, nessun lavoro fisso, nessun fidanzato per sempre, nessun figlio (per ora!), nessuna pensione all'orizzonte... dunque ho iniziato a pensare che quei pensieri sul "ci dev'essere dell'altro" dipendevano dal fatto che non stessi quasi per niente costruendo una vita "normale". Ci sono stati anni in cui mi dicevo, e soprattutto mi dicevano, che la mia ricerca di altro - attraverso il continuo cambiamento di mete ed interessi - fosse dovuta al fatto che non ero riuscita a realizzare le cose più importanti: la professione e la famiglia.
Eppure ogni volta che cambiavo mi sentivo bene, eppure ogni volta che i primi mattoni di una stabile professione o situazione sentimentale, iniziavano ad accumularsi, mi sentivo male. Sentivo il muro crescere a scapito della mia aria, della mia luce. Mi sentivo marcire e sentivo che facevo marcire anche gli altri, sentivo che la mia insoddisfazione intossicava me e coloro a cui volevo bene. Per molti sono quella dei "colpi di testa", delle decisioni improvvise, dei tagli netti e incomprensibili... per un po' ci sono stata anche male ma poi ho capito che andava bene così.
Andava bene che io cambiassi quello che sentivo di dover cambiare e andava bene che gli altri non capissero. L'ho capito quando ho iniziato a sentire che era come pensavo: c'è qualcos'altro.
Ho capito che la fortuna non c'entra per niente, che non esiste. Non è per fortuna o sfortuna che sono nata in Italia in una certa famiglia. C'è un motivo per questo. La cosa bella è che non è importante sapere quale sia questo motivo, ma sentire che non siamo qui "per caso" e che ognuno ha una sua missione, grande o piccola che sia, è perfettamente la sua, e basta. Ogni persona non è qui solo per sè: che ci creda o no, ogni suo pensiero, emozione e azione, condiziona gli altri e il mondo intero. E' una grossa responsabilità ed è meglio gestibile quanto più ognuno agisce in sintonia con la propria missione interiore. Come riconoscerla? ascoltandosi, e se non ci riusciamo, prima o poi la vita ce la mette davanti.
Ho capito che la vita non è "per forza" divisa in due: 30 anni a costruire qualcosa e gli altri 30 o 40 a godersi ciò che si è costruito. Quasi sempre la vita è fatta di un cambiamento dopo l'altro, di direzioni diverse che si susseguono, di cicli che si ripetono ma che non sono mai uguali. Ciò che viviamo e vivremo non si conclude entro domani o in pochi metri... nessuno può sapere con esattezza quanti cerchi può fare un sasso nell'acqua, ma li fà, anche se non riusciamo a vederli tutti.
è come domandarsi, su di una spiaggia, cosa può esserci oltre la linea dell'orizzonte, con una birra in mano tutti ce lo siamo chiesto...ma pochissimi hanno avuto coraggio emotivo di andare a vedere. penso che molte persone si sentano rassicurate dal pensiero comune del gruppo sociale. infrangere lo status quo dei rapporti è faticoso...e noi cittadini "occidentali" non ne abbiamo voglia. Vogliamo "goderci ciò che si è costruito" ma questa apatia crea ansia, e si sta male! ma allora perchè? Perdio ! no credo che sia solo mancanza di coraggio intellettuale, ci siamo disabituati da tanto. olè
RispondiElimina... Se uno sta male allora significa che non è abituato, lo star male è la spia d'allarme che qualcosa chiede attenzione.. è il primo doloroso passo nella propria autentica direzione, quella dimenticata già dai primi anni di vita ma scritta da molto prima.. anche se solo nella sua parte iniziale.. ciao, grazie per il commento
EliminaIo vedo molte persone che affollano "non luoghi di condivisione" assenti, impauriti, rifugiati nel loro nuovo BlackBerry che continuano a postare link tristi e di emarginazione...quelle stesse persone sanno di essere alienate, di essere sole ma non riescono a fare un passo verso quel diverso modo di vedere la vita...il nocciolo è lì, tutti comprendono il proprio disagio ma pochi riescono ad incamminarsi verso la soluzione. Jiddu Krishnamurti ha scritto che il problema è la porta non ciò che c'è dietro, ma per arrivare alla porta devi avere una mente silenziosa e libera, io mi infilo in tutte le porte per la mia curiosità ma vedo che sono destabilizzante per molti...va beh scusa per il confronto e come dici tu aloha
RispondiEliminaHow do i eliminate undefined in blogs?
RispondiEliminaMy weblog http://paginasamarillas-atl.com/transvaginal-surgical-mesh