Questa mattina sono morti più di cento africani per venire in questa sgangherata Italia. Uomini, donne e bambini sono morti per venire qui, da noi. E noi siamo responsabili.
Mentre guardavo le immagini al tg, pensavo alle famiglie di queste persone... In Africa ci sono padri e madri che non sanno che loro figlio è morto. Un giorno gli hanno dato tutto ciò che avevano e lui è partito per creare una vita migliore per se e per la sua famiglia. E' salito sul barcone e non tornerà più. E i suoi genitori, che forse non hanno una tv, che forse abitano in un paesino lontano dal porto (non di rado chi s'imbarca per venire da noi, ha prima affrontato un lungo viaggio lungo i deserti africani) non sanno nulla... capiranno che è morto dopo settimane, quando non telefonerà e non scriverà. Tutto finito, tutto, e non vedranno mai il suo corpo, forse sepolto a Lampedusa, forse rimasto nel mare.. senza nome. Come potranno consolarsi queste persone? A quale giustizia potranno appellarsi? Chi le ascolterebbe? Ma soprattutto, quale tipo di giustizia sarebbe davvero utile?
"E' un'emergenza, sono finite le bare, non c'è più spazio, domani però ne arriveranno altre" continuava a dire la giornalista corrispondente. Mi sono venuti i brividi nel sentire quella frase come prioritaria rispetto ad altre considerazioni che forse sarebbero state più umane.. ma poi ho capito che se la giornalista fosse davvero entrata nel cuore della tragedia, non sarebbe riuscita nemmeno a parlare. Cosa avrebbe potuto dire?
Che l'Italia sia la porta d'Europa non è una novità, che quel mare sia la via per arrivare anche in Germania, in Francia o in Olanda, è matematico. Da dove dovrebbero passare? Ma questo non cambia i fatti: questi morti sono approdati sulle spiagge di Lampedusa. Queste persone hanno portato tutto quello che avevano su quel barcone, affidandosi al nulla con il sogno di trovare qualcosa, qui, prima di tutto..
Ogni volta che succede una tragedia come questa, le bocche delle istituzioni si riempiono di parole, unite al dito che punta all'Europa: "Non è un problema italiano ma un problema europeo"... poi, in un secondo momento (ma neanche troppo lontano) scatta l'accusa incrociata tra schieramenti politici: "voi favorite l'immigrazione" "voi fate credere che qua si sta bene" "non strumentalizzate".. e strumentalizzano, sempre, ogni cosa, anche gli esseri umani, come loro... ma che muoiono di disperazione.
Queste persone ai vertici della società politica (italiana, europea, africana e mondiale) sono responsabili di quello che è accaduto. Lo erano anche ieri, senza i barconi, lo sono sempre, tra una tragedia e l'altra. Lo dicono tutti: non è stato fatto nulla. Lo si dice anche senza sorpresa, in una sorta di rassegnazione: una vergognosa rassegnazione che ci fa indignare nei giorni della tragedia, magari versiamo anche due lacrime... ma che ci lascia nel nostro oblio subito dopo, quando i Tg ritornano sul carosello delle solite facce sugli scranni.
TUTTI siamo responsabili di quello che è successo. Non parlo di colpa, che di solito è una cosa che viene data agli altri per poi lavarsi le mani di tutto, ma di responsabilità. La responsabilità porta all'azione, la colpa alla sterile accusa o al ripiegamento su se stessi.
Siamo responsabili di quei corpi in fila nei sacchi di plastica, così come lo siamo della nostra famiglia, del nostro lavoro, del nostro compagno di auto, della casa che paghiamo con il mutuo, della moto che lucidiamo con impegno. Si, siamo responsabili, anche se non arriviamo a fine mese. La povertà non toglie nessuna responsabilità, semmai l'aumenta.
Queste morti ci riguardano, e non solo perchè sono sul suolo italiano, ma perchè sono figlie dell'indifferenza. L'indifferenza culmina nelle tragedie dai grandi numeri, ma viene da molto lontano. L'indifferenza nasce e cresce in ognuno di noi, dalla prima volta che ci siamo voltati dall'altra parte di fronte a un'ingiustizia, dalla prima volta che non abbiamo fatto quello che potevamo fare, dalla prima volta che abbiamo pensato solo per noi perchè quello che accade al nostro vicino non è affar nostro.
L'indifferenza è un mostro che dalle nostre case, si allarga alla via in cui abitiamo, al municipio con il sindaco che conosciamo da sempre, alle strade delle città, ai palazzi pubblici, e via via cresce e viaggia veloce.. e si rafforza, e si alimenta di ogni subdolo egoismo.
E' vero, questo non avviene solo in Italia, ma avviene ANCHE in Italia, anche qui. Allora, mentre chi ci governa cerca le parole giuste per fare bella figura davanti alla tv, mentre qualcun'altro, forse, prenderà a cuore la situazione impegnandosi per qualche giorno finchè il virus dell'indifferenza non si sarà risvegliato... nel frattempo noi possiamo iniziare a cambiare. L'unica risposta alla morte è il cambiamento perchè solo il cambiamento, la trasformazione, è vita. Tutto ciò che è immobile marcisce e muore. E il vero cambiamento, reale, è quello che ha le radici nella nostra coscienza. Noi possiamo iniziare a cambiare, da subito, da questa sera, dal modo con cui diciamo buona notte alle persone che amiamo. Non è vero che non serve, non è vero che non c'entra nulla con la tragedia di Lampedusa, c'entra, tutto. Non è vero che la mia casa è troppo lontana da Lampedusa o dai palazzi di governo per contare qualcosa. Se tutti, TUTTI, iniziamo a cambiare, avremo presto dei governanti migliori, non indifferenti, ma DIFFERENTI. I vertici si cambiano partendo dalla base e la base siamo noi e i nostri figli. Siamo NOI i responsabili.
Siamo tutti responsabili di questa condizione, quella in cui ci sembra normale che a pochi chilometri da qui la gente muoia di fame.
Mentre guardavo le immagini al tg, pensavo alle famiglie di queste persone... In Africa ci sono padri e madri che non sanno che loro figlio è morto. Un giorno gli hanno dato tutto ciò che avevano e lui è partito per creare una vita migliore per se e per la sua famiglia. E' salito sul barcone e non tornerà più. E i suoi genitori, che forse non hanno una tv, che forse abitano in un paesino lontano dal porto (non di rado chi s'imbarca per venire da noi, ha prima affrontato un lungo viaggio lungo i deserti africani) non sanno nulla... capiranno che è morto dopo settimane, quando non telefonerà e non scriverà. Tutto finito, tutto, e non vedranno mai il suo corpo, forse sepolto a Lampedusa, forse rimasto nel mare.. senza nome. Come potranno consolarsi queste persone? A quale giustizia potranno appellarsi? Chi le ascolterebbe? Ma soprattutto, quale tipo di giustizia sarebbe davvero utile?
"E' un'emergenza, sono finite le bare, non c'è più spazio, domani però ne arriveranno altre" continuava a dire la giornalista corrispondente. Mi sono venuti i brividi nel sentire quella frase come prioritaria rispetto ad altre considerazioni che forse sarebbero state più umane.. ma poi ho capito che se la giornalista fosse davvero entrata nel cuore della tragedia, non sarebbe riuscita nemmeno a parlare. Cosa avrebbe potuto dire?
Che l'Italia sia la porta d'Europa non è una novità, che quel mare sia la via per arrivare anche in Germania, in Francia o in Olanda, è matematico. Da dove dovrebbero passare? Ma questo non cambia i fatti: questi morti sono approdati sulle spiagge di Lampedusa. Queste persone hanno portato tutto quello che avevano su quel barcone, affidandosi al nulla con il sogno di trovare qualcosa, qui, prima di tutto..
Ogni volta che succede una tragedia come questa, le bocche delle istituzioni si riempiono di parole, unite al dito che punta all'Europa: "Non è un problema italiano ma un problema europeo"... poi, in un secondo momento (ma neanche troppo lontano) scatta l'accusa incrociata tra schieramenti politici: "voi favorite l'immigrazione" "voi fate credere che qua si sta bene" "non strumentalizzate".. e strumentalizzano, sempre, ogni cosa, anche gli esseri umani, come loro... ma che muoiono di disperazione.
Queste persone ai vertici della società politica (italiana, europea, africana e mondiale) sono responsabili di quello che è accaduto. Lo erano anche ieri, senza i barconi, lo sono sempre, tra una tragedia e l'altra. Lo dicono tutti: non è stato fatto nulla. Lo si dice anche senza sorpresa, in una sorta di rassegnazione: una vergognosa rassegnazione che ci fa indignare nei giorni della tragedia, magari versiamo anche due lacrime... ma che ci lascia nel nostro oblio subito dopo, quando i Tg ritornano sul carosello delle solite facce sugli scranni.
TUTTI siamo responsabili di quello che è successo. Non parlo di colpa, che di solito è una cosa che viene data agli altri per poi lavarsi le mani di tutto, ma di responsabilità. La responsabilità porta all'azione, la colpa alla sterile accusa o al ripiegamento su se stessi.
Siamo responsabili di quei corpi in fila nei sacchi di plastica, così come lo siamo della nostra famiglia, del nostro lavoro, del nostro compagno di auto, della casa che paghiamo con il mutuo, della moto che lucidiamo con impegno. Si, siamo responsabili, anche se non arriviamo a fine mese. La povertà non toglie nessuna responsabilità, semmai l'aumenta.
Queste morti ci riguardano, e non solo perchè sono sul suolo italiano, ma perchè sono figlie dell'indifferenza. L'indifferenza culmina nelle tragedie dai grandi numeri, ma viene da molto lontano. L'indifferenza nasce e cresce in ognuno di noi, dalla prima volta che ci siamo voltati dall'altra parte di fronte a un'ingiustizia, dalla prima volta che non abbiamo fatto quello che potevamo fare, dalla prima volta che abbiamo pensato solo per noi perchè quello che accade al nostro vicino non è affar nostro.
L'indifferenza è un mostro che dalle nostre case, si allarga alla via in cui abitiamo, al municipio con il sindaco che conosciamo da sempre, alle strade delle città, ai palazzi pubblici, e via via cresce e viaggia veloce.. e si rafforza, e si alimenta di ogni subdolo egoismo.
E' vero, questo non avviene solo in Italia, ma avviene ANCHE in Italia, anche qui. Allora, mentre chi ci governa cerca le parole giuste per fare bella figura davanti alla tv, mentre qualcun'altro, forse, prenderà a cuore la situazione impegnandosi per qualche giorno finchè il virus dell'indifferenza non si sarà risvegliato... nel frattempo noi possiamo iniziare a cambiare. L'unica risposta alla morte è il cambiamento perchè solo il cambiamento, la trasformazione, è vita. Tutto ciò che è immobile marcisce e muore. E il vero cambiamento, reale, è quello che ha le radici nella nostra coscienza. Noi possiamo iniziare a cambiare, da subito, da questa sera, dal modo con cui diciamo buona notte alle persone che amiamo. Non è vero che non serve, non è vero che non c'entra nulla con la tragedia di Lampedusa, c'entra, tutto. Non è vero che la mia casa è troppo lontana da Lampedusa o dai palazzi di governo per contare qualcosa. Se tutti, TUTTI, iniziamo a cambiare, avremo presto dei governanti migliori, non indifferenti, ma DIFFERENTI. I vertici si cambiano partendo dalla base e la base siamo noi e i nostri figli. Siamo NOI i responsabili.
Siamo tutti responsabili di questa condizione, quella in cui ci sembra normale che a pochi chilometri da qui la gente muoia di fame.

Ciao Miriam, ho fatto un commento positivo che reputo bello a te e alle cose che dici, ma come tutte le belle cose, mi si è ....cancellato. Ciao
RispondiEliminaEttore!! mi hai fatto sorridere in questa giornata un po' grigia! grazie.. ti mando un salutone
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